mercoledì 30 gennaio 2008

Binari divergenti

Caro presidente Capo del Servizio Ferroviario
Le scrivo a nome di tutta la cittadinanza per metterla al corrente del grave problema che ci affligge.
Qua nella cittadina di Ailesch i treni non si vogliono fermare, il vostro servizio funziona davvero male.
Alcuni passano troppo rapidi, altri non si fermano proprio, alcuni arrivano già al completo, altri vogliono biglietti diversi da quelli che ci avete fornito.
La gente di Ailesch è abituata a buttarsi alle spalle ogni problema, ma questo dei treni inizia a incrinare la nostra salda società.
Per noi, gente comune, con tanti sogni e poche pretese, il treno è simbolo di viaggio, ricerche, fortune, splendide avventure e tanto ancora. Ogni concittadino, appena nato, vede un treno che passa di qua, alla stazione centrale. Alcuni passano su binari troppo lontani dal centro delle stazione di Ailesc, mentre altri passano così vicino a noi. Il problema è che neppure questi si fermano. Gli abitanti iniziano ad essere irrequieti e non tollerare più questa situazione.
Purtroppo il problema si protrae da tempo e da noi non sembra più gestibile. In un modo o nell'altro i compaesani non riescono a prendere nessun treno. Solo per citare l'ultimo esempio: annunciato completamente libero, è poi arrivato pieno in stazione. 
Non so se sia una nota positiva o negativa il disinteresse dimostrato dalla popolazione di fronte a quest'ultimo viaggio mancato.
Mio caro presidente: a questo punto mi rivolgo a lei, in quanto Capo del Servizio Ferroviario, e le chiedo se crede sia possibile risolvere questo problema in tempi brevi. Le chiedo tutto ciò perchè a breve dovrei recarmi nella cittadina di Upailesch e non mi dispiacerebbe arrivarci in treno.
In attesa di una sua risposta le mando i miei più sentiti saluti,

un Cittadino

...Sacra & Pura Follia!!! 

giovedì 17 gennaio 2008

Il vecchio

C'era una volta un ragazzo, e quel ragazzo ero io.
Ero alla ricerca di un po di riposo, una piccola sosta nel mezzo di un lungo viaggio. 
Mi fermai in un piccolo bar, di quelli che riempono le vie principali dei paesi, luogo di incontro per tutti gli uomini del circondario. I tavoli tutti pieni, neppure un posto libero. Mi rassegnai a bere il mio caffè al bancone. Guardai attorno. Ero circondato da facce spigolose, scolpite dal tempo, dal sole, dall'aria pungente e dal lavoro duro, quello che noi giovani ormai abbiamo dimenticato. In mezzo a tutti quei visi vedevo espressioni diverse, visi animati da così tante emozioni che sarebbe difficile elencarle.
Nel mezzo di tutti quei volti ne notai uno. Un vecchio mi osservava. Magrissimo, leggermente gobbo, con un baschetto verde sulla testa e una bucolica giacca in velluto sulle spalle. Un incrocio di sguardi. Lestro il vecchio allungò la mano verso la sedia vuota di fianco a lui. La scostò, e con un gesto gentile, mi invitò ad occuparla. Sinceramente non avevo motivo di rifiutare l'invito. Mi avvicinai e gli sedetti di fronte. Aprii le danze con un buongiorno cortese, e subito fu lui a prendere le redini della conversazione. 
Mi parlò della sua infanzia e dell'adolescenza, del lavoro nei campi e dei primi amori, della guerra e delle contestazioni, la politica, lo sport. Mi raccontò dei suoi viaggi, per terra e per mare. Viaggi infiniti che forse un uomo mai avrebbe potuto compiere, neanche se avesse avuto 2 vite. Quegli occhi chiari, ingrigiti dall'età, sembravano aver visto il mondo intero. Non solo aveva visitato ogni luogo del mondo, ma l'aveva attraversato sempre con mezzi diversi. Un giorno a cavallo e la mattina dopo sulla mongolfiera, poi in groppa ad un mulo, il dì seguente a piedi lungo le strade sterrate, nuovamente in sella, poi in macchina, aereo, nave, bicicletta, calesse, gondola e anche a cavallino sulle spalle del suo compare. Aveva visto il mondo sotto ogni punto di vista. Aveva conosciuto le culture Asiatiche e quelle Africane, gli aborigeni in Australia e gli Eschimesi al polo. E' difficile raccontare una vita così intensa con così poche parole.
Stupito per aver trovato un uomo dalla vita così piena, e dalla voce così convincente, gli chiesi come avesse fatto a errare in si tanti luoghi e in così poco tempo. Una vita intera non poteva essere davvero sufficiente. 
Forse una vita no, ma una buona raccolta di libri poteva fare questo e altro. 
Sorrisi.
Gli chiesi quale fosse stato il suo libro preferito.
Mi rispose che era il Libro delle Storie non Scritte. Disse che non era un libro qualsiasi, anzi era difficilissimo da ottenere, per alcuni addirittura impossibile.
Spiazzato e curioso gli chiesi di spiegarmi meglio.
Era il libro delle storie che ogni uomo porta nella sua testa. Era l'insieme di tutte quelle fantasie che teniamo per noi, che per tempo, voglia o timidezza non riusciamo a donare agli altri. Le nascondiamo dentro noi senza mai raccontarle agli altri. Lui amava rileggere questo libro. Ripensava spesso a tutta la magia che turbinava nei suoi pensieri. Aveva paura di perderle. Temeva che se non avesse riletto le sue fantasie queste sarebbero andate perdute, le avrebbe dimenticate. Dimenticare i suoi sogni sarebbe stato per lui un po come morire.
Ascoltavo quest'omino magrissimo, leggermente gobbo, con un baschetto verde sulla testa e una bucolica giacca in velluto sulle spalle. Lo ascoltai per tanto tempo. Non mi resi bene conto dello scorrere della sabbia, del volare via della giornata, finché lui non si alzò.
Prese il suo bastone, un piccolo inchino, e si congedò da me. Lo guardai uscire.
Mi voltai verso il bancone e vidi un giovane che sorseggiava un caffè. Un incrocio di sguardi. La mia mano stanca e aggrinzita scostò la sedia di fronte a me, e lo invitò a sedere. Avevo proprio voglia di narrargli i miei viaggi per il mondo. Un giorno a cavallo e la mattina dopo sulla mongolfiera, poi in groppa ad un mulo, il dì seguente a piedi lungo le strade sterrate, nuovamente in sella, poi in macchina, aereo, nave, bicicletta, calesse, gondola e anche a cavallino sulle spalle del mio compare.

...Sacra & Pura Follia!!!