giovedì 7 giugno 2007

C'era una volta - Cap.VII

    La serata non prometteva nulla di particolare, però aveva proprio voglia di fare qualcosa di alternativo. Probabilmente se fosse andata al pub con gli altri avrebbe trascorso una serata serena, tranquilla, ma sarebbe stato un po come stare a casa. Già, perché gli altri erano per lei una certezza, un caposaldo della sua vita, senza il quale si sarebbe sentita come un musicista senza i propri strumenti, un artigiano senza la creta. Insomma con loro stava proprio a suo agio, ma stasera aveva bisogno di qualcosa di diverso.
   Come la manna dal cielo le era piovuta addosso una proposta inusuale, ma quantomai adatta al suo stato d'animo. Allacciò gli stivali, neri, lucidissimi. Arrivavano fino al ginocchio, il tanto giusto per lasciare scoperti appena una ventina di centimetri di gambe prima di lasciare spazio al pezzo migliore della serata. Una gonna nera, aderentissima, tutta in pelle, con due spacchi sui fianchi che terminavano un po prima dell'orlo. Insomma, erano più due buchi, due fessure, che si allargavano e stringevano seguendo perfettamente i suoi movimenti. Conosceva alla perfezione il fascino esercitato dalle sue gambe sui ragazzi, e sapeva valorizzarlo al momento giusto. Solitamente non le piaceva ostentare il suo fisico, curarlo ed esaltarlo si, ma senza mai esagerare. Stanotte era però una serata particolare, qualche follia in più si poteva fare. A completamento dell'opera aveva messo su un top, anch'esso nero, con scollatura ampia, così da lasciare le spalle a vista, maniche a tre quarti, e schiena a vista, intersecata solo da un fascio di lacci che creavano un eccentrico effetto ragnatela. Trucco un po più pesante del solito e capelli al vento. Era pronta.
   Uscì dal bagno, andò in camera, prese borsetta e giacca, poi si avviò verso le scale. Come sempre passò davanti alla camera della madre. La guardò e la salutò con un cenno della mano, lei in risposta fece un gran sorriso di approvazione e le augurò una buona serata. Fece le scale. Anche se non era abituata a portare stivali così alti non ebbe nessun problema a scendere, anzi le percorse con grande rapidità. Prese le chiavi della macchina e varcò l'uscio di casa. Attraversato il giardino si trovò di fronte alla macchina. Sorrise. Certo che una macchina del genere non era proprio la più adatta alla serata: un vecchio fuoristrada regalatole da suo zio per il diploma. Adorava quella macchina, era proprio come lei: forte, grintosa, informale ed eccentrica. Però stavolta dovette ammettere che non era proprio la carrozza adatta per questo ballo, se in più aggiungeva il fatto che non la lavava da almeno qualche mese, anche la più bella delle principesse avrebbe perso colpi scendendo da la sopra. Ma a lei che importava, non andava certo li per sfoggiare la sua macchina.
    Solito pulsante e le luci lampeggiarono. Salì sul bolide, accese il motore e si avviò verso il Maroone. In meno di 5 minuti si trovava fuori dalla città, e i continui filari di alberi piantati lungo la strada statale già si preparavano ad essere i suoi unici compagni per i restanti 20 kilometri di curve. Aveva dato appuntamento alla collega direttamente sul posto, visto che lei abitava nelle vicinanze e che comunque ci sarebbe stata un'altra sua amica a farle compagnia.
Dopo circa 15 minuti iniziò a vedere le inconfondili luci del Maroone. Aveva aperto da appena alcuni mesi era già diventato un punto di riferimento per tanti dei ragazzi della zona. Sicuramente non lo era per lei e per i suoi amici. Ma stasera ci sarebbe stata una serata diversa, e a lei sembrava proprio si adattasse al suo stato d'animo.
   Altri 5 minuti di strada, il tempo di trovare parcheggio, e già si trovava di fronte l'ingresso della discoteca. Non amava andarci, anzi solitamente non faceva proprio per lei; solitamente preferiva i pub o meglio ancora qualche bel concerto. Ma oggi doveva essere una giornata alternativa, un po rivoluzionaria. Aveva bisogno di cambiare aria, di vedere persone diverse per uscire fuori da quella strana apatia che la attanagliava da giorni. Era previsto un Dj Set di sola musica Techno ed Elettronica, movimento costante senza mai fermarsi, senza un attimo di respiro. Chissà se era in grado di scacciare la sua non-voglia di fare qualsiasi cosa.
    Si diresse verso l'ingresso, diede un rapido sguardo e in un attimo individuò la sua amica. Era sola, che strano. Si avvicinò, si salutarono e poi chiese dove fosse l'altra ragazza. Ricevette una risposta secca, senza troppo entusiasmo: era tornata insieme al suo ex ragazzo per cui stasera sarebbe uscita con lui. Peccato, le avrebbe fatto piacere ci fosse anche lei. Senza troppe chiacchiere inutili si avviarono verso l'ingresso. Il biglietto era di venti euro, quindici per le coppie. In un attimo rimorchiarono due tipi, pagarono il biglietto, e in men che non si dica li avevano già abbandonati. L'ingresso del Maroone era un lungo corridoio scuro, illuminato unicamente da dei rari faretti rossi. I soffitti bassi la metteva sempre a disagio, ma con i tacchi superava di misura il metro e ottanta, e il passaggio le sembrò molto più simile al cunicolo di una galleria che l'ingresso di una discoteca. Alla fine del corridoio una tenda rossa separava le sale principali dall'accesso. Un leggero fumo, colorato di rosso dalle uniche luci presenti, fuoriusciva dalla sala principale per stabilirsi nell'antro e rubare il già poco ossigeno presente.
   Arrivarono di fronte al telo. Lo scostarono. Un baccano terrificante le inondò, le avvolse e iniziò a torturare i loro timpani. Dopo l'inaspettato ingresso diede un rapido sguardo alla sala: oltre 400 metri quadri venivano sfruttati come pista da ballo, attorno a questo una serie di banconi-bar servivano da bere alla clientela, e sul lato esattamente opposto al loro stava il palco, con su i due Dj della serata!
   La sala era quasi piena, ma di gente ne sarebbe arrivata altra. Anche stavolta le norma di sicurezza sarebbero andate a farsi benedire e quel luogo sarebbe diventato un vero e proprio carnaio, senza un centimetro di spazio per respirare. Perfetto era proprio ciò che voleva. Attanagliate dal baccano si avvicinarono al guardaroba, pagarono i 3 € e lasciarono li giacche e borse. Erano pronte per entrare in pista. Pian piano si avvicinarono al limite più esterno delle massa di persone. Iniziò a ballare, e Simona la seguì istantaneamente. Finalmente poteva concentrarsi sulla musica, e il baccano pian piano cominciò a prendere forma, diventando sempre più simile ad una velocissima ed incalzante melodia.
    La loro posizione la stancò presto. Non era questo che voleva, non le andava di stare così all'esterno. Voleva stare al centro, essere uno dei centri nevralgici della serata. Voleva farsi notare, e voleva sfruttare al massimo quel che la natura le aveva donato. Presa l'amica per la mano e la trascinò in mezzo alla gente. Lei non fece resistenza, forse aspettava proprio questo, ma non aveva avuto il coraggio di fare il primo passo. Più si avvicinavano al centro e più si faceva difficile avanzare. La gente era tutta accalcata sotto le tre sfere specchiate che ruotavano al centro della sala. Le luci dei faretti si riflettevano su questi giganteschi specchi sferoidali, rimbalzavano da tutte le parti, veloci come la musica che le ritmava. L'ambiente scuro veniva tagliato dal continuo alternarsi delle luci,  tantissime ma non abbaglianti. Tanti fasci luminosi, che trasformavano i visi attorno a loro ad ogni passaggio, ad ogni variazione cromatica.
   Non era possibile distinguere le persone che le stavano accanto. Sapeva solo che erano tante, sapeva che tante la fissavano, e sapeva che non avrebbero smesso finché fosse rimasta la in mezzo. Si muoveva frenetica, pervasa dalla musica e dalla luce stordente. Uno strobo sopra di lei ad ogni lampo la fissava in una posizione differente, fotogrammi di una pellicola che cambiava ad altissima velocità. si piegava, ancheggiava, si faceva spazio, anzi, creava il suo spazio. Nessuno poteva entrarci senza che lei lo permettesse. Sempre più veloce. Sempre più pervasa. Un movimento incalzante, irrefrenabile, guidava il suo corpo. E tutti li ad osservarla. Come se un estasi mistica avesse preso il sopravvento su di lei. Una tarantola impazzita, un irrefrenabile Ballo di San Vito, una fluidità degna di un cobra ma con la stessa intensità di una crisi epilettica. Difficile da spiegare per chi non la vide. E tutti li la guardavano. E lei lo sapeva. Soprattutto lei guardava loro.
   Già. In questo turbinio di luci, musica e corpi in movimento, non smise mai di osservare ciò che le succedeva attorno. Due ragazzi che si baciavano di fianco a lei. Un gruppetto di altri tre che le ballavano vicino. Due ragazze che la guardavano con invidia e odio. Il ragazzo che tentò più volte di abbracciare la sua amica, e alla fine si accontentò di metterle una mano nel sedere e fuggire. Ma non finiva qui. Ancora un'altra coppia che si baciava, stavolta etero. Un tipico fighetto, figlio di papà, totalmente scoordinato, che si dava arie da gran ballerino. Un gruppo di tre ragazzine, non più che diciottenni, che venivano abbordate da uno schifoso quarantenne.
   Capelli brizzolati, doppiopetto e pantaloni neri, camicia nera ed una cravatta rossa. Barba mal curata, tanti segni sulla faccia, crateri lunari forse cicatrici di una caparbia acne giovanile. Le faceva schifo che un tipo così si avvicinasse a quelle ragazzine. Ma non poteva farci nulla, o meglio non voleva farci nulla. Continuò fortunatamente ad osservare la scena. Il peggio non era ancora arrivato.
   Con aria spavalda, da uomo vissuto, anche se l'unica cosa su cui poteva aver vissuto erano le cosce di qualche puttana d'alto borgo, tirò fuori un sacchetto dalla giacca. Una bustina trasparente, con dentro alcune palline bianche. Era lontana, ma capì subito che si trattava di qualche pasticca. Schifezze chimiche che ti fottono il cervello in men che non si dica. Avvicinò il sacchetto alle ragazzine, lo aprì e le invitò a prenderne una. Erica non ci vide più. Si avvicinò al porco, senza smettere di ballare. Si avvicinò e lo avvinghiò al petto. Rimase sorpreso, inebetito, con quel sudicio sacchetto nelle mani. Lei lo abbracciò, e con una gomitata glielo fece cadere. 
   Le ragazzine si allontanarono con aria stizzita, non capendo quanto dovessero esserle riconoscenti. 
   Ora però era lei nei guai. La perdita delle pasticche aveva suscitato nell'uomo un interesse molto minore rispetto all'approccio della ragazza. In un attimo approfittò della situazione strinse le braccia attorno a lei. La tirò a se, spalancò la bocca e tentò di leccarle il collo. Purtroppo la stretta era tropo forte e non riuscì a tirarsi indietro. Un brandello di carne bavosa le sfiorò il collo. Come un reazione allergica tutti i peli del suo corpo si rizzarono, una pelle d'oca istantanea come mai l'aveva provata. Fortunatamente lui lasciò un po la presa e lei riuscì a sganciarsi. Provò ad allontanarsi, ma una besti affamata difficilmente molla una preda appetibile. Così la seguì. cercò la sua amica, ancora alle prese con il ragazzo di prima. Stavolta però non ne stava rifiutando le avance, anzi, le aveva accolte con grande fermento. Inciampò sui tacchi, e cadde sull'amica. Il ragazzo la aiutò ad alzarsi. Le chiesero se andasse tutto bene. Lei si guardò attorno e vide che il porco si era allontanato. Fece un cenno affermativo con la testa, poi li invitò a prendere qualcosa al bancone.
   Mentre si avviavano verso uno dei banconi la musica cambiò un po, partì "Leave Home" dei Chemical Brothers. I DJ rallentavano i ritmi, forse la serata si accingeva al termine. Seduti al bancone raccontò all'amica e al suo nuovo conoscente cos'era successo. Poco prima di terminare il racconto vide il vecchio che usciva dalla discoteca abbracciato ad una donna. Sospirò.
   Ripensò a quanto questa serata era stata alternativa e si chiese come potesse andare a finire...

   
...continua...

...Sacra & Pura Follia!!!

mercoledì 6 giugno 2007

Schegge di deserto

...Raccoglieva pezzi di vetro,
frammenti di una vetrina infranta,
resti di un sogno andato perduto,
fotogrammi di un film di cui eri stato il solo protagonista.

Guardò il caos e la polvere che lo incorniciava,
schegge di legno che un tempo erano sedie,
tavoli dilaniati dall'esplosione;
Davanti a lui lo specchio della sua vita
un puzzle male assemblato che lui stesso aveva distrutto.

Una foresta in fiamme o un mare in tempesta
non potevano rappresentare il suo animo.
La sua essenza, racchiusa in 21 grammi,
era molto più simile ad un oceano di sabbia,
un deserto piatto e sconfinato
che neppure il vento voleva più animare.

Desolazione, vuoto, assenza di vita,
questo era il suo spirito.
L'instabilità di un puzzle male assemblato
lo spinse a dimenticare aperta quella bombola.

Ora raccoglieva i pezzi di vetro
granelli di una vita desertica...


Trovare una persona insopportabile per il suo atteggiamento schivo, sempre incazzato, privo di un sorriso può capitare...
Ma vi giuro che venire a sapere che questa persona pochi giorni fa si è suicidata è davvero terribile!


...Sacra & Pura Follia!!!