martedì 24 ottobre 2006

C'era una volta - cap.II

   Sentì uno strano calore sul viso... il sole era già alto, e come tutte le mattine le illuminava il volto, quasi fosse una dolce carezza le ricordava che sarebbe dovuta scendere dal letto e iniziare una nuova giornata.
    Non ricordava a che ora fosse andata a dormire la sera precedente, sicuramente molto tardi, ma non più tardi di tante altre volte. Erano andati a bersi una birra in compagnia di altri due amici che non vedevano da tempo. Un locale nuovo, così, tanto per cambiare, per prendere un po d'aria, per vedere un po di gente diversa dal solito. Ricordava di aver parlato poco la sera, si sentiva un'estranea, lontana dalle persone che le stavano così vicino, lontana dalla persona che voleva più vicina. Lui era stato gentile come sempre, dolce, tutto abbracci e sorrisi. Lui ci credeva ancora, ma lei no. Non ne poteva più, e sapeva che l'avrebbe perso se fossero andati avanti così. Forse si erano già spinti oltre il limite. Aveva provato e riprovato, ma non c'era nulla da fare. Gli voleva bene, più che a un fratello, molto di più, ma non abbastanza. Razionalmente sarebbe stato il ragazzo perfetto, l'unica persona sulla faccia sulla terra che potesse completarla, l'altra metà della mela di cui tanti parlano. Forse lo era, ma la perfezione non faceva per lei! 
    Questo si era detta la sera precedente; questo aveva pensato nel mentre che il suo sguardo annegava dentro al bicchiere. Aveva osservato il boccale poggiato sul tavolo per ore, così calmo e lento, con quei residui di schiuma che dopo ogni sorsata scivolano nuovamente verso il fondo, le gocce d'acqua che ne percorrevano i bordi per finire il loro tragitto sul tavolo. Aveva giocato con quel piccolo laghetto che si formava a fianco al bicchiere. Si era divertita a scrivere con l'acqua, e istintivamente ne aveva scritto il nome. Lui lo vide, e sorrise, felice perchè tutto stava andando al meglio, e quello ne era un segnale... almeno questo credeva lui. Invece no! Tutto andava a rotoli; Erica lo voleva al suo fianco, ma non come suo compagno, ma come un amico, come il migliore amico di cui lei aveva sempre avuto bisogno!
    Usciti dal locale eran andati al solito posto. Lo odiava, lo trovava squallido, non capiva questo patetico rito, almeno nel loro caso. Si sentiva obbligata nei suoi confornti, non lo faceva per desiderio o passione, solo per un obbligo ironicamente morale. Era la normalità, era giusto che succedesse, ma lei non voleva. Non sentiva la spinta di andare a letto con lui, ma lo faceva per lui. Se fosse stato un'altra persona, se fosse stata la persona giusta, il suo vero amore, allora sarebbe stato splendido. Era sicura che avrebbe aspettato quel momento ogni sera, con gioia e trepidazione. Ma così non era. Non era la persona giusta. Era premuroso, dolce, sempre bendisposto nei suoi confronti, a volte un po burbero, ma sempre pronto a starle vicino nei momenti più importanti, in tutti quei momenti in cui lei aveva avuto bisogno di lui, e ancora una volta si disse che forse era perfetto. Poi cambiò idea... mancava quel "non so che"... quel qualcosa che avrebbe reso la loro storia perfetta. Doveva finire.
    Lanciò via le coperte e balzò giu dal letto, piena di quella vitalità che la invadeva tutte le mattine. Per molti il risveglio era un qualcosa di traumatico, un momento molto delicato in cui era possibile effettuare solo poche e necessarie operazioni. Non riuscivano ad essere attivi da subito, passavano lunghi minuti in uno stato che non era ne sveglio ne addormentato, quasi come se tutti i loro neurotrasmettitori fossero intorpiditi, bloccati dal freddo. Lei no. A meno che non fosse particolarmente stanca, non avesse fatto baldoria per una settimana di fila, poteva fare qualsiasi cosa da appena sveglia, non doveva carburare come gli altri. Si sentiva pronta ad affrontare un lunga camminata o una pesantissima lezione. La mattina presto era davvero fortissima, peccato che spesso il suo caratteraccio venisse meno la sera.
    Guardò i vestiti sporchi buttati ai piedi del letto. Verificò che non ci fossero tracce della serata precedente e poi li mise nel cestone della roba sporca. Uscendo dal bagno incrociò suo fratello. Lo vide arrossire e scappare in camera. Vederla in camicia da notte gli faceva sempre questo effetto, e lei continuava a non capirlo. Non era una ragzza come le altre, era sua sorella, non poteva fantasticare su sua sorella, non era naturale. Avessero avuto tanti anni di differenza forse lo avrebbe capito, ma lei era più grande di soli tre anni. Rise ripensando al giorno in cui lui l'aveva trovata nuda in camera sua a rovistare tra le magliette. Ad Erica ogni tanto piaceva mettere magliette da ragazzo, così gliene rubava qualcuna ogni tanto, ovviamente senza permesso. Lui era entrato in camera, vestito come al solito con dei pantaloncini una maglietta sportiva, e lei si era girata nella sua direzione, mostrando le sue nudità con grande naturalezza. Diventò tutto bianco, poi arrossì di colpo, e infine scappò via dalla camera. Si era messa a ridere, aveva continuato a rovistare tra le magliette, preso quella che le interessava, era tornata nella propria camera, si era vestita, e infine era scesa al piano inferiore. Lui era al computer. Si avvicinò, lo abbracciò e gli disse all'orecchio "Ti voglio bene... ma quando cresci?", poi uscì di casa... 
    Ripensare a quel fatto la mise di buonumore, forse oggi era il giorno adatto per affrontarlo, per mettere con lui le cose in chiaro, e forse tornare nuovamente ad essere amici. Accese il PC, cercò fra i suoi MP3 e mise su un album. "Babilonia", degli IPNOTICA. Aspettò che l'aria fosse pervasa dalla musica, canticchiò una canzone a mezza voce, si fece una gran risata ed iniziò a riassettare il letto. Riprese a pensare alla giornata che l'attendeva...

...continua...

...Sacra & Pura Follia!!!

mercoledì 18 ottobre 2006

C'era una volta - cap.I

 Spense il motore, poi le luci, tolse le chiavi dal quadro e la radio si zittì; raccolse lo zaino e tutte le sue cose, scese dalla macchina e chiuse lo sportello, poi premette automaticamente il tasto ruvido sulla chiave. Le freccie lampeggiarono e si sentì il solito clack della serratura che si chiude. Aprì il cancello ed entrò in giardino. premette nuovamente il pulsante, meccanicamente, sempre col dubbio di essersene dimenticata un attimo prima.
Cercò le chiavi nello zaino e col solito casino attraversò la porta cigolante. Sua madre era ancora sveglia: la luce della camera si intravedeva anche dal piano inferiore. Non perderà mai il vizio di attenderla sveglia, facendo finta di leggere e mangiando caramelle e dolcetti a volontà. Ricorda da sempre sua madre sdraiata nel letto a mangiare qualcosa, e in particolare ricorda delle enormi buste, simili a quelle dei biscotti, con dentro dei mezzi wafer, un po più grossi del normale, che sua madre comprava sempre quando lei era piccola.
Salì su per le scale, e senza neppure incorciarne lo sguardo le diede la buonanotte. La luce si scomparve pochi minuti dopo, come sempre. Un sorriso le decorò il viso.
    Entrò in camera sua, accese la luce e aprì un'anta dell'armadio. L'enorma specchio rifletteva la sua figura. Ora guardava se stessa e si piaceva. Si, si piaceva! E non si vergognava a pensarlo ne tantomeno a dirlo, era orgogliosa di se stessa e del suo aspetto. I capelli castani, quasi biondi, portati appena sotto le orecchie, i suoi occhi di un particolarissimo verde scuro con quel taglio un po romboidale, con l'estremità interna più in basso rispetto alla punta esterna, il viso un po allungato e le labbra carnose, ma non troppo. Le piaceva il suo viso, e anche il suo fisico; era slanciata, in carne il tanto giusto, con un seno di tutto rispetto, che non disdegnava di mettere in risalto di tanto in tanto, e un sedere che poteva tranquillamente definire "bello". Si, si piaceva! E se fosse stata un ragazzo si sarebbe fatta in quattro per uscire con se stessa.
    Guardò i suoi vestiti; gli scarponcini leggeri, di un nocciola un po scuro e rovinati dal tempo, coperti dai jeans a zampa, portati un po in basso, in maniera da far intravedere il tanto necessario per far sbizzarrire la fantasia dei ragazzi, e infine la maglietta rossa a righe bianche. Le arrivava giusto sotto l'ombelico, non attillata, con le maniche corte, e un girocollo piuttosto ampio. Adorava questa maglietta, e in particolare le piacevano quei due tagli che lasciavano scoperte le spalle. Si sentiva a suo agio vestita così, adorava quell'abbigliamento, e viveva con la costante paura che la moda la obbligasse a cambiare il suo stile. Spesso le era capitato di non trovare nulla che le piacesse nei banconi dei negozi, e tante volte era capitato che non si comprasse abiti per quasi un anno. Questa sua costante paura l'aveva spinta a farsi regalare, qualche anno prima, una macchina da cucire, con la speranza di riuscire a crearsi da sola i propri abiti. Purtroppo i suoi risultati raramente erano quelli sperati.
    Chiuse l'armadio dopo pochi istanti, e aprì la finestra. Si ritrovò in balcone, attirata all'esterno dalla leggera brezza che tirava quella notte. Rientrò in camera, prese il tabacco le cartine e l'accendino, poi tornò sul balcone. Sicura che sua madre e suoi fratelli ormai stessero dormendo si sedette sul cornicione. Prese il trinciato e iniziò prepararsi il suo antistress. Aveva iniziato a fumare da poco, e in vita sua aveva provato solo una volta a fare un tiro prima di diventare una fumatrice. Non fumava molto, ma già il fatto di comprare tabacco e cartine, e di non andare mai in giro senza l'accendino, erano dettagli che la rendevano già una fumatrice per il suo modo di veder le cose.
    Era seduta sul marmo, con una gamba piegata e l'altra a penzoloni sul vuoto. Accese la sigaretta. Il calore le penetrò nella gola, poi giù verso i polmoni. Ne assaporò per un po il gusto, e poi emise una lunga fumata. Immaginava di poter fare i cerchi come tante volte li aveva visti fare da suo padre, e da tutti i Cow-Boys protagonisti dei film western tanto amati da lui.
Poggiò la testa sul muro. Quasì la sbattè. Era triste, triste come lo era stata diverse volte durante quest'anno. Era già passato un anno da quando stavano assieme, ma si conoscevano da molto più tempo, almeno sette anni. Sei di questi li avevano passatti ad essere sempre più vicini, sempre più complici, sempre più schietti e sinceri l'uno con l'altra. Sei anni nei quali erano diventati veri amici. Situazioni del genere si verificano raramente, ma a volte capitano. Già! Anche lei si era stupita di quel che era successo. Solitamente ogni ragazzo che si avvicinava a lei aveva un solo scopo; detto così sembra qualcosa di negativo, ma non lo è. Lei piaceva, ed era ovvio che i ragazzi fossero attratti da lei. Tanti, ma non lui. Per sei anni eran stati solo due amici senza nessuna attrazione fisica o coinvolgimento sentimentale, poi una festa aveva rovinato tutto.
    La musica e un po di alcool avevan fatto da filtro magico, si eran abbracciati e quindi baciati. Dopo un bacio e visto il loro rapporto, il mettersi assieme sembrò ad entrambi la cosa più normale del mondo. Ma si sbagliarono, o almeno questo pensava Erica nel mentre stava seduta su quel cornicione a fumare la sua sigaretta. Una lacrima le attraversò il viso, e si affiancò al sorriso che già le aveva colorato il viso. Non smetteva di sorridere, perchè pensava a tutto ciò che di bello c'era stato tra loro, ma non riusciva neppure ad esser felice. Non capiva perchè certi atteggiamenti, che un tempo eran qualcosa di sincero e spontaneo, ora fossero diventati un obbligo, delle pesanti costrizioni. Gli abbraci di cui gioiva un anno prima, erano adesso oppressivi e meccanici, lo faceva perchè doveva, non perchè volesse. E gli abbracci eran solo un aspetto, ma tutti gli altri ve li lascio immaginare.
    All'improvviso i suoi pensieri furono interrotti. "...sei il colore che, non ho, e non trasformerò..." Bianca, degli Afterhours. Non sapeva perchè le fosse venuta in mente quella canzone, ma le venne voglia di ascoltarla. prese il lettore, mise il cd, indossò gli auricolari, cercò la traccia giusta e premette il tasto play. Riprese a pensare a lui...

...continua...

...Sacra & Pura Follia!!!