Cercò le chiavi nello zaino e col solito casino attraversò la porta cigolante. Sua madre era ancora sveglia: la luce della camera si intravedeva anche dal piano inferiore. Non perderà mai il vizio di attenderla sveglia, facendo finta di leggere e mangiando caramelle e dolcetti a volontà. Ricorda da sempre sua madre sdraiata nel letto a mangiare qualcosa, e in particolare ricorda delle enormi buste, simili a quelle dei biscotti, con dentro dei mezzi wafer, un po più grossi del normale, che sua madre comprava sempre quando lei era piccola.
Salì su per le scale, e senza neppure incorciarne lo sguardo le diede la buonanotte. La luce si scomparve pochi minuti dopo, come sempre. Un sorriso le decorò il viso.
Entrò in camera sua, accese la luce e aprì un'anta dell'armadio. L'enorma specchio rifletteva la sua figura. Ora guardava se stessa e si piaceva. Si, si piaceva! E non si vergognava a pensarlo ne tantomeno a dirlo, era orgogliosa di se stessa e del suo aspetto. I capelli castani, quasi biondi, portati appena sotto le orecchie, i suoi occhi di un particolarissimo verde scuro con quel taglio un po romboidale, con l'estremità interna più in basso rispetto alla punta esterna, il viso un po allungato e le labbra carnose, ma non troppo. Le piaceva il suo viso, e anche il suo fisico; era slanciata, in carne il tanto giusto, con un seno di tutto rispetto, che non disdegnava di mettere in risalto di tanto in tanto, e un sedere che poteva tranquillamente definire "bello". Si, si piaceva! E se fosse stata un ragazzo si sarebbe fatta in quattro per uscire con se stessa.
Guardò i suoi vestiti; gli scarponcini leggeri, di un nocciola un po scuro e rovinati dal tempo, coperti dai jeans a zampa, portati un po in basso, in maniera da far intravedere il tanto necessario per far sbizzarrire la fantasia dei ragazzi, e infine la maglietta rossa a righe bianche. Le arrivava giusto sotto l'ombelico, non attillata, con le maniche corte, e un girocollo piuttosto ampio. Adorava questa maglietta, e in particolare le piacevano quei due tagli che lasciavano scoperte le spalle. Si sentiva a suo agio vestita così, adorava quell'abbigliamento, e viveva con la costante paura che la moda la obbligasse a cambiare il suo stile. Spesso le era capitato di non trovare nulla che le piacesse nei banconi dei negozi, e tante volte era capitato che non si comprasse abiti per quasi un anno. Questa sua costante paura l'aveva spinta a farsi regalare, qualche anno prima, una macchina da cucire, con la speranza di riuscire a crearsi da sola i propri abiti. Purtroppo i suoi risultati raramente erano quelli sperati.
Chiuse l'armadio dopo pochi istanti, e aprì la finestra. Si ritrovò in balcone, attirata all'esterno dalla leggera brezza che tirava quella notte. Rientrò in camera, prese il tabacco le cartine e l'accendino, poi tornò sul balcone. Sicura che sua madre e suoi fratelli ormai stessero dormendo si sedette sul cornicione. Prese il trinciato e iniziò prepararsi il suo antistress. Aveva iniziato a fumare da poco, e in vita sua aveva provato solo una volta a fare un tiro prima di diventare una fumatrice. Non fumava molto, ma già il fatto di comprare tabacco e cartine, e di non andare mai in giro senza l'accendino, erano dettagli che la rendevano già una fumatrice per il suo modo di veder le cose.
Era seduta sul marmo, con una gamba piegata e l'altra a penzoloni sul vuoto. Accese la sigaretta. Il calore le penetrò nella gola, poi giù verso i polmoni. Ne assaporò per un po il gusto, e poi emise una lunga fumata. Immaginava di poter fare i cerchi come tante volte li aveva visti fare da suo padre, e da tutti i Cow-Boys protagonisti dei film western tanto amati da lui.
Poggiò la testa sul muro. Quasì la sbattè. Era triste, triste come lo era stata diverse volte durante quest'anno. Era già passato un anno da quando stavano assieme, ma si conoscevano da molto più tempo, almeno sette anni. Sei di questi li avevano passatti ad essere sempre più vicini, sempre più complici, sempre più schietti e sinceri l'uno con l'altra. Sei anni nei quali erano diventati veri amici. Situazioni del genere si verificano raramente, ma a volte capitano. Già! Anche lei si era stupita di quel che era successo. Solitamente ogni ragazzo che si avvicinava a lei aveva un solo scopo; detto così sembra qualcosa di negativo, ma non lo è. Lei piaceva, ed era ovvio che i ragazzi fossero attratti da lei. Tanti, ma non lui. Per sei anni eran stati solo due amici senza nessuna attrazione fisica o coinvolgimento sentimentale, poi una festa aveva rovinato tutto.
La musica e un po di alcool avevan fatto da filtro magico, si eran abbracciati e quindi baciati. Dopo un bacio e visto il loro rapporto, il mettersi assieme sembrò ad entrambi la cosa più normale del mondo. Ma si sbagliarono, o almeno questo pensava Erica nel mentre stava seduta su quel cornicione a fumare la sua sigaretta. Una lacrima le attraversò il viso, e si affiancò al sorriso che già le aveva colorato il viso. Non smetteva di sorridere, perchè pensava a tutto ciò che di bello c'era stato tra loro, ma non riusciva neppure ad esser felice. Non capiva perchè certi atteggiamenti, che un tempo eran qualcosa di sincero e spontaneo, ora fossero diventati un obbligo, delle pesanti costrizioni. Gli abbraci di cui gioiva un anno prima, erano adesso oppressivi e meccanici, lo faceva perchè doveva, non perchè volesse. E gli abbracci eran solo un aspetto, ma tutti gli altri ve li lascio immaginare.
All'improvviso i suoi pensieri furono interrotti. "...sei il colore che, non ho, e non trasformerò..." Bianca, degli Afterhours. Non sapeva perchè le fosse venuta in mente quella canzone, ma le venne voglia di ascoltarla. prese il lettore, mise il cd, indossò gli auricolari, cercò la traccia giusta e premette il tasto play. Riprese a pensare a lui...
...continua...
...Sacra & Pura Follia!!!
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