venerdì 8 dicembre 2006

V'Era una volta...

 Tutto tace; gli unici suoni son quelli prodotti dal venticello leggero che anche questa notte attraversa le strade deserte. Si guardò intorno. La sciarpa stava sul letto, idem il cappotto. Il lettore stava invece sulla scrivania. Lo zaino posato in terra. Bene c'era tutto l'occorrente per uscire, era l'ora di dar il via alla vestizione. In maniera metodica, quasi meccanica, mise su il cappotto, poi lo zaino, la sciarpa e infine il lettore. Ogni passaggio era un po un rito, come i vari passaggi di una formula magica. Tutto successe davanti allo specchio. Immaginò una colonna sonora attorno a lei e le possibili inquadrature da cui potevan esser riprese le varie fasi. Prima il braccio destro che si infila nella manica, poi la ripresa del sinistro, seguita dalla figura intera presa di spalle e sullo specchio contemporaneamente nel mentre che l'aggiusta sulle spalle. A quel punto una bella ripresa dall'alto, che si allontana man mano che i bottoni vengono chiusi. Si passa poi allo zaino. Ecco che lo schermo mostra la mano che acchiappa lo spallaccio che uno strattone vola dritto sulle sue spalle. uno spallaccio su e l'altro resta invece penzolante. Nuovamente una ripresa dello specchio. Tutta l'azione si svolge con assoluta calma, senza nessuna fretta, e sempre accompagnata dalla solita rilassante e serena musichetta di sottofondo. La camera passa ora ad un primo piano. Il viso sorridente riempie lo schermo. L'inquadratura si sposta leggermente per riprendere il rito della sciarpa. Tra tutti i passaggi questo è il più lungo, il più delicato ed importante. Appoggia una prima estremità sulla spalla sinistra, poi comincia il giro. La mano sinistra mantiene la sciarpa mentre la destra circumnaviga la testa, e il rosso serpente si avvolge attorno al collo. E' fondamentale che non si tiri troppo, che non si pieghi, che aderisca totalmente a collo e spalle, stretta ma non troppo. Il primo giro viene completato, la musica continua, e il secondo inizia. Ora si tira un po di più. Un intoppo. La sciarpa è corta. Lo sapeva, ma ogni volta spera non sia così. Ecco il dilemma. Mantenere le due estremità cortissime e fare due giri, fare un solo giro e avere du lunghe strisce di lana bordeaux che penzola davanti al collo, oppure lasciare un'estremità davatni e un indietro. Si provano tutte e tre le opzioni, anche se la scelta è già stata fatta. Già perchè è una di quelle scelte che non cambia mai. Srotola la sciarpa. La riavvolge, dosando opportunamente la lunghezza della prima estremità, per fermarsi dopo un giro e mezzo. Nuovamente un primo piano. Si guarda, sorride. Nello schermo compaiono anche le mani. si sollevano, si avvicinano al viso, e pian piano arrivano fino lle orecchie e le tappano. Anche il tocco finale è stato apportato, gli auricolari son al loro posto. Stop Buona!
Erica si guardò compiaciuta. Aveva fatto proprio un bel lavoro, era proprio soddisfatta, come sempre. Sorrise ripensando all'idea di una telecamera che le girasse attorno. Si chiese se non fosse possibile che la sua vita fosse magari un Truman Show. Controlò il portafoto sul tavolino vicino a lei. Nessuna telecamera. Era salva, pare che nessuno la spiasse. Sorrise ancora e si osservò. Adorava quella matassa di lana che portava al collo. Di un bordeaux intenso, caldo. Aveva fatto proprio un bel lavoro, magari 3 mesi per una sciapra erano un po troppi, ma per essere la prima era già un buon risultato.
La scena al chiuso del film finì, era quindi ora di cambiare colonna sonora. Accese il lettore e si avvia verso la porta. Urlò un saluto, ma nessuna risposta giunse al suo orecchio. Per un attimo sentì solo la sua musica, il volume era troppo alto per sentire gli altri suoni,chiuse la porta... SBAM. Questo lo sentì, eccome se lo sentì; era troppo distratta dalla musica per pensare di dover dosare la forza. Uscì dal cancello e si buttò in strada. Non aveva una meta precisa. Sapeva di voler camminare, ma non sapeva per quanto, sapeva di voler ascoltare un po di musica, ma non sapeva esattamente quale. Si trattava si domande che in quei momenti non hanno importanza: i protagonisti di un film non si chiedono mai per quanto dovranno camminare o che musica farà da sottofondo alla loro passegggiata. Lo stesso doveva fare lei, camminare e godersi la strada percorsa.
Portò la sciarpa sopra il naso. Anche l'olfatto era ormai isolato. All'udito ci pensava la musica. Ora solo la vista manteneva il suo contatto con il mondo esterno. Prese la solita strada, quella che portava un po ovunque, che prendeva ogni volta che si lanciava in una delle sue camminate. Scelse una meta. La vecchia chiesetta in campagna, alla periferia del paese, era perfetta. Con passo sostenuto percorse la sua via e svoltò prima a sinistra, poi subito a destra. Si ritrovò nella via principale. La strada era separata in due parti dalle piazzole alberate. Le piante, da quando stavano li, non avevano mai usufruito di alcun tipo di cure. I rami crescevano indisturbati per metri e metri, carichi di frutti e resina, entrambi sempre pronti ad abbandonare il legno natale e tuffarsi sulle macchine o sulle persone che stazionavano sotto di loro. Più d'una ciocca di capelli era stata tagliata a causa di quelle piante, e ancor di più erano le macchine che avevan conosciuto il carrozziere sotto loro invito esplicito.
Le case scorrevano abbastanza veloci. Le luci provenienti dall'interno delle case, insieme a quelle dei lampioni ,creavano le condizioni adatte per poter passeggiare il tranquillità, sopperendo alla mancanza di luce dovuta alla fase di luna nuova. Passo dopo passo procedeva spedita per la lunga via. Ogni tanto gettò lo sguardo dentro una delle abitazioni. Magari in quelle di conoscenti, con un pizzico di fotuna, avrebbe visto qualche volto familiare. Non si sarebbe fermata, ma ricevere un saluto le avrebbe fatto comunque molto piacere. La via finì, ma i saluti non vennero.
Un po delusa per la sua vana speranza svoltò alla prima a sinistra. Come al solito finì nella zona d'espansione. Da un lato casette a schiera ormai accoglienti e già attive al 100%, mentre dall'altra scavi e bloccheti di mattoni appena ricoperti di cemento. Immaginò di camminare nel mezzo della linea che separa Ying e Yang. Il bianco da una parte e il nero dall'altra. Un divisione netta come poche se ne vedono. Ma questo pensiero volò veloce come il tempo che le ci volle per giungere alla fine della scorciatoia, scavalcare la montagnetta di sabbia e ghiaia e trovarsi nuovamente in una zona più omogenea. Qua le case eran un po più sparute, lontane le une dalle altre, spesso distanziate da un terreno non ancora edificato. Si trovava comunque in una zona periferica, ma le piaceva lo stesso. Era piacevole vedere tante piccole case, una per famiglia, con un piccolo giardino e dei colori più disparati. Oddio, questo non era proprio vero: in quest'ultimo periodo tutte le case venivan dipinte tutte con gli stessi colori, rosa, verde o azzurro, tutti rigorosamente in versione pastello, magari antichizzata. Se proprio andava bene poteva capitare di trovarne qualcuna gialla. Ma lei non fu così fortunata, lo fu molto di più.
Si trovò davanti ad una casa nuova che non aveva mai notato. Doveva esser stata terminata da poco, e abitata da ancora meno. Nel giardino e all'ingresso montagne di scatoloni, alcuni ancora imballati, riempivano tutto lo spazio disponibile. Tutto quel disordine non poteva però rubare lo splendore alla casa: le pareti eterne eran fatte in mattoni, piccoli mattoncini rossi, lucidi, incastrati tra loro nella maniera più classica che si possa immaginare. La casa aveva tre piani, e un lungo loggiato circondava il perimetro del piano terra. Man mano che saliva i piani diventavan sempre più piccoli. L'ultimo era forse la metà del piano terra, ma in compenso aveva una splendida veranda davanti a se. Tegole chiare ricoprivano le falde del tetto, e i due comignoli che lo sormontavano indicavano la presenza di almeno due caminetti all'interno della casa. Non c'era però bisogno di notare questi per accorgersi della presenza di almeno di un camino. Un'enorme vetrata si sostituiva infatti ad una delle pareti della casa, lasciando libera la vista dell'interno. Un gigantesco camineto occupava buona parte della parete a sinistra della vetrata. Era acceso, e la sua luce arancione rendeva magico l'ambiente della casa.
Le luci all'interno erano piuttosto soffuse, non era quindi facile cogliere l'arredo e lo stile dell'abitazione. Al contrario, invece, i due bambini che giocavano davanti al caminetto erano perfettamente distinguibili. Un maschietto ed una femminuccia. Pensò che potevan avere al massimo 5 anni non di più. Si rincorrevano, si strattonavano, saltavano sul divano, sulle poltrone, eran pieni di energia. Erano felici. Spensierati come tanti vorrebbero esserlo. Cercò di capire il gioco, se si trattava di un qualche nascondino o acchiapparelllo. Magari giocavano al bandito e al poliziotto, o più probabilmente non si ponevano queste sciocche domande. Probabilmente si rincorrevano e basta, nulla più.
Li osservò per parecchi minuti, e non intendeva andarsene. Il maschietto scivolò sul tappeto, cadde e sbattè la testa. Cominciò a piangere. La sorellina lo guardò, si avvicinò e lo abbracciò. Lui prima smise di piangere, poi a guardò e reiniziò nuovamente. Stavolta anche la bambina si unì al coro. No riusciva a smettere di osservare quei due bambini che si bbracciavano e piangevano contemporaneamente. Si ricordò di lui, e le tornarono alla mente i loro ultimi incontri. Scacciò quei pensieri, archiviandoli come tempi passati. Si felicitò di quell'allontanamento, perchè con la mente sgombra ebbe la possibilità di godere a pieno della scena che stava per svolgersi davanti a lei.
Un donna comparve sul fondo della sala. Con passo deciso si avvicinò ai bambini. Si chinò e prese il piccolo in braccio. Lo strinse forte a se ed iniziò dondolarlo. Anche lui la abbracciò. Sorrise. Le lacrime come per incanto sparirono dal viso del bambino. La bimba li guardava, seduta in terra, ancora in lacrime. Rapidamente arrivò un uomo. Prese la bambina e senza darle neanche un attimo per capire che stava succedendo la lanciò in aria. Una, due, tre, dicei e più volte. Dopo il primo lancio scoppio in una rista dirompente. Quel faccino rotondo era passato improvvisamente dalla tristezza alla gioia più pura. I genitori si guardarono, dondolarono un po i bambini, poi si baciarono. I due bimbi scimmiottarono il bacio dei genitori, si abbracciarono e poi lei diede un leggero bacio sulla guancia di lui. Il bimbo si pulì la guancia con un gesto di stizza. Forse per lui il gioco era andato un po oltre. I genitori risero.
La bambina guardò fuori dal vetro e per la prima volta notò la spettatrice. Tirò i baffi del padre e gli indicò la ragazza imbacuccata che li osservava dall'esterno. Lui le prese la manina e la mosse in segno di saluto. La lasciò, e la bambina continuò quasi meccanicamente, anche lui salutò.
La mamma nonebbe però la stessa reazione, tuttaltro; si avvicinò alla vetrata e chiuse la tenda.
Il lettore continuava ad andare, così "Un altro giorno è andato" di Guccini svaniva pian piano alle sue orecchie.
Ripensò al gesto della madre. Non l'aveva offesa, anzi, forse avrebbe dovuto lei chiedere scusa. Aveva rubato a quella famiglia attimi di intimità che spettavano solo a loro. Ingiustamente si era sentita anche lei un po parte della scena, aveva preso un po di calore che le aveva scaldato il cuore in quei primi freddi giorni di Dicembre. Si incamminò nuovamente lungo la strada.
Riprese a pensare al calore che le avevan donato quei bambini...

...continua...

...Sacra & Pura Follia!!!

Nessun commento:

Posta un commento